Possiamo paragonare la dimensione temporale vissuta dai migranti nel momento della chiusura dei confini a quella di un viaggio aereo dalla durata indefinita.
L’incognita di un tempo sospeso e lo spazio circoscritto non sono gli unici due elementi che condizionano il viaggio: l’indeterminatezza dipende anche da figure ed elementi esterni, completamente indipendenti da chi è passeggero in questo viaggio.
Così come ciò che filtra in termini di notizie e informazioni al pubblico dipende da altre figure: i fatti vegono mostrati frammentati e divisi in porzioni ben precise, portato all’attenzione solo in caso di eventi eclatanti. Questa mistificazione mediatica trasposta e riprodotta su cinque piatti che raccontano di fatti e dati reali: dal bilancio Greco post 2008 alla corda usata per guadare il fiume nel tentativo di attraversare il confine tra Grecia e Macedonia, dalla mappa nautica dell’isola di Samos alla cifra che ogni nazione facente parte dell’EU deve pagare per ogni richiedente asilo non accolto, fino a una strofa dell’inno turco*.
L’utilizzo del piatto come base, oggetto quotidiano, prodotto di artigianato dell’isola, supporto più durevole di un media tradizionale e contemporaneamente fragile (i danni visibili sono dati dal trasporto dall’isola di Samos al Italia dove sono stati fotografati) concretizza la mistificazione.
Nulla che non sappiate già offre un punto di vista su ciò che accade, uno sguardo che non vuole colpire con visioni eclatanti. Utilizzando quelle stesse tecniche attraverso le quali i media ci sottopongono ad ogni evento mediatico, il progetto pone l’attenzione sull’interpretazione dei fatti.